Da sempre siamo stati abituati a
pensare che i vincitori siano i più forti.
A vincere però non è mai il più
forte, ma il più flessibile.
Vince chi ha a disposizione più strumenti e sa usarli al meglio. In natura
questo meccanismo si chiama resilienza ed indica la capacità di un sistema di
diventare flessibile per adattarsi con successo al cambiamento e poter
sopravvivere.
L’unico modo che un professionista ha per essere più flessibile è quello di
studiare, frequentare corsi, fare pratica delle tecniche acquisite e migliorare
le proprie strategie sulla base dei feedback che riceve.
Che siate fundraiser, tecnici, ingegneri, agenti di commercio, artigiani,
imprenditori o impiegati, qualunque sia la vostra professione, per aver
successo non dovete mai smettere di studiare.
Per capire meglio questo concetto vorrei raccontarvi il risultato di una
ricerca che può aiutarci a capire.
Secondo molti storici, la parola “Blu” non è esistita in molte culture
antiche.
Jules Davidoff condusse un esperimento per dimostrare l’ipotesi secondo cui
le culture che non avevano una parola per definire questo colore, non erano in
grado di vederlo.
Si recò in Namibia e fece degli esperimenti con la tribù Himba, che ancora
oggi non ha una parola per il colore blu e non è in grado di distinguerlo dal
colore verde.
L’esperimento consisteva nel mostrare ai membri della tribù, un’immagine
con dodici quadrati di cui undici verdi e uno blu. Nessuno fu in grado di
vedere il quadrato blu. Semplicemente per loro non esisteva nessuna differenza
tra i dodici quadrati.
La stessa tribù ha però molte parole per identificare differenti tipi di
verde. Differenze impercettibili per la nostra cultura.
Se si mostrava loro la stessa immagine con un quadrato di un color verde
differente rispetto agli altri, questi riuscivano a vederlo immediatamente.
Inutile dire che un europeo, non ci vedeva alcuna differenza.
Questo esperimento dimostrò che, pur non esistendo alcun tipo di
impedimento fisico, l’assenza di un termine per identificare un colore
differente, lo rende invisibile, almeno in modo consapevole.
Generalizzando, potremmo affermare che la non conoscenza di un elemento o
di qualcosa, rende la stessa invisibile. Quindi a tutti gli effetti
inesistente.
Se pertanto dovete presentare un progetto o una proposta a qualcuno che non
ha i vostri “occhi”, sarà inutile che gli parliate con un linguaggio che egli non
è in grado di comprendere.
Senza le specifiche conoscenze, “non comprendere” non significa soltanto
non capire cosa gli state proponendo (Non si tratta certo di essere o no
intelligenti!), ma implica che l’interlocutore debba fare un vero e proprio atto
di fede verso qualcosa, a vostro dire molto valido, ma che per lui/lei
semplicemente non esiste.
Si tratta di un’impresa ardua come quella di spiegare il blu a qualcuno che
non sa cosa sia.
La conoscenza permette di vedere quello che altri non vedono e quindi di poter
formulare proposte, ideare progetti, mettere a punto strategie innovative e
quindi potenzialmente di grande successo.
Studiare e imparare sempre cose nuove deve servire anche per aiutare i vostri
interlocutori a “vedere” nei modi e attraverso gli strumenti di cui essi
dispongono.
Si può essere dei geni, vedere quello che gli altri ancora non sono in
grado di vedere, ma se non saprete condividere le vostre visioni con i vostri
interlocutori è molto probabile che vi frustrerete e fallirete.
Non sono i nostri interlocutori a non capire.
Siamo noi che non sappiamo mostragli quello che per noi è invece
chiarissimo.
Se vediamo, dobbiamo imparare a far vedere.
Leggevo tempo fa un esempio su un articolo che recitava: se un idraulico
ricevesse una chiamata per una riparazione urgente, come dovrebbe presentarsi
dal cliente?
Soltanto con un giratubi, sperando che sia proprio quello l’attrezzo di cui
avrà bisogno, o sarà meglio portare dietro una cassetta degli attrezzi ben
fornita dalla quale estrarre l’attrezzo più idoneo al caso?
La stessa identica cosa serve a ogni professionista per aver successo: se
hai a disposizione pochi strumenti, non puoi far altro che sperare che il tuo
interlocutore abbia i mezzi per comprendere quello che proponi o che lo
scenario nel quale operi sia quello che tu puoi capire.
Se disponi di più strumenti, sarà invece più facile “aprire gli occhi”.
Solo così chi ti circonda sceglierà consapevolmente di sposare le tue
iniziative innovative e seguirti nei tuoi ambiziosi progetti.
Il mercato ci chiede di essere i migliori professionisti anche in questo.
Imparare costantemente cose nuove, significa quindi vedere e far vedere.
La resilienza nasce quindi dalla diponibilità di strumenti che ci danno la
possibilità di agire in modo differente, innovativo e opportuno a seconda del
contesto nel quale operiamo.
Avere successo non è mai il fine.
E’ semmai una conseguenza della nostra capacità resiliente.
Alessandro Grilli
E-mail: alessandrogrilli@hotmail.com